I Pacifici oltre l’emergenza
Marzo 2020: in Italia i DPCM e le regole per il contenimento del contagio hanno coinvolto bambini e bambine solo su piani assistenziali. Il rischio, più in atto che in potenza, è che di questi cittadini, così come delle loro parole e dei loro diritti, ci si continui a dimenticare.
Sono stati mesi di scuole, parchi e strade chiuse: dove può il mondo adulto trovare spazi aperti di ascolto ai pensieri dei bambini e delle bambine?
Come può creare territori di attenzione ai loro pareri, alle emozioni, ai loro sentire affinché gli sguardi dell’infanzia siano effettivamente riconosciuti, in tutta la loro dignità? Cos’è accaduto durante il primo lockdown?
Alcune famiglie hanno tirato un sospiro di sollievo e sono state bene, insieme, ciascun componente della famiglia ha potuto imparare cose che non si imparano a scuola. Alcuni bambini e altre bambine hanno imparato a tirare la sfoglia, a fare la maglia o l’uncinetto. Altri hanno avuto tempi distesi per giocare, immaginare, esercitare un pensiero creativo. Altri ancora hanno preso rami di albero, o hanno raccolto pezzi di legno e si sono improvvisati falegnami nel garage dei nonni.
Tuttavia molti sono stati messi davanti alla Tv per ore, non hanno più guardato negli occhi un coetaneo, hanno visto subire o subito nervosismi quando non violenze in misura maggiore rispetto al solito. Alcuni sono stati lasciati a casa da soli. Se la sono cavata! Nessuno mette in dubbio la loro resilienza, è solo che, forse, dimentichiamo un particolare necessario: noi adulti DOBBIAMO tutelare l’infanzia.
Senza i contesti educativi di comunità (la scuola, ma non solo!) il favorire della povertà educativa non è un rischio da misurare sul piano statistico perché è fin troppo prevedibile. Non possiamo permetterci il lusso di chi si limita a constatare i danni, il mondo adulto e il mondo dell’educazione può, creativamente, progettare oltre l’emergenza per costruire una comunità educante (la scuola in primis, ma non da sola) capace di partire da spazi di ascolto e di dialogo con l’infanzia, non solo in teoria e non solo con retorica. Numerose indagini, tra cui quelle condotte da Save The Children, evidenziano che alcuni contesti hanno offerto occasioni di crescita, ma appare evidente che questa condizione di lontananza fisica non ricade su tutti nella stessa misura, non possiamo infatti dimenticare “l’effetto di amplificazione delle disuguaglianze per i soggetti con disabilità, per i bambini che vivevano già in contesti svantaggiati o per chi viveva in case piccole ma sostenibili nella quotidianità diventate eccessivamente ridotte rispetto ai tempi e all’impegno familiare del lockdown”.
Tra i vari sguardi pedagogici su infanzia, famiglie, servizi educativi e scolastici la nostra ricerca ha documentato alcune proposte con cui sono stati progettati spazi digitali aperti all’ascolto di bambine e bambini, del loro raccontare vissuti che hanno, in comune, l’esplicito riconoscimento di autorevolezza ai pensieri infantili. Sono state infatti proposte due Challenge dall’Istituto Comprensivo Maria Montessori di Chiaravalle (Ancona) con il patrocinio della Fondazione Chiaravalle Montessori, di Opera Nazionale Montessori e del CREIF (Centro di Ricerca Educative su Infanzie e Famiglie) e analizzati alcuni contributi della sfida lanciata dalla “Carovana dei Pacifici” che, durante il periodo di isolamento, ha raccolto i pensieri dei bambini e delle bambine, selezionando quelli relativi al tema della pace.
Nella ricca e generosa intervista a Luciana Bertinato che troviamo riportata integralmente nel capitolo settimo del libro, leggiamo:
“La Carovana dei Pacifici non si è fermata durante l’isolamento e ha fatto spazio, nel sito ufficiale e nei canali social, ai pensieri dei bambini e delle bambine. A scuole chiuse, la pandemia, insieme agli abbracci, ha rubato ai piccoli la libertà, gli spazi naturali, il tempo del gioco. E la sua bellezza, necessaria non solo a socializzare con i compagni ma anche a costruirsi un’idea del mondo attraverso conoscenze acquisite da esperienze reali. Per rispondere almeno in parte a queste assenze, Emanuela Bussolati a marzo ha lanciato l’invito, rivolto ai bambini che vivevano il lockdown, di disegnare la propria sagoma pacifica, colorarla, scrivere un saluto e un pensiero di pace, esporla sul balcone o sulla finestra di casa, fotografarla e inviarla alla maestra e alla Carovana dei Pacifici. Ogni bambino ha tradotto il saluto in una lingua o un dialetto che desiderava per farlo giungere a tutti i bambini del mondo poiché, senza star bene tutti insieme, non c’è pace”.
Sono molte le fonti da cui estrapolare dati per capire come i bambini abbiano vissuto il lockdown e tra queste, altrettanto autorevoli, ci sono loro: raramente protagonisti nei vari provvedimenti e, con frequenza ancora minore, nei DPCM (nonostante Convenzioni internazionali, leggi europee e norme costituzionali, il minore è ancora “cittadino dimenticato”!), ma con riflessioni, considerazioni e sguardi sul mondo che aspettano di essere riconosciuti.
Concludo con un pensiero che hanno condiviso con i compagni i Pacifici di Corsico: “Anche da lontano si può essere vicini quando si impara ad ascoltare”. السلام علیكم .تحیة من صدیقك المسالم
Mariangela Scarpini
Dottoressa di ricerca in Scienze Pedagogiche, Università di Bologna