È MIO DIRITTO

È MIO DIRITTO

Aprile 13, 2025 Off Di Carovana dei Pacifici

Ci è arrivato questo testo potente e desideriamo condividerlo con voi.

QUESTO È DEDICATO A LORO
Forse si può chiedere ai generatori automatici di produrre un testo sapienziale contemporaneo. Può persino essere un compito facile. Noi, invece, non generiamo testi automatici perché in carcere non c’è la rete. Ci siamo solo noi, persone in carne e ossa, involontariamente libere dal dominio dell’algoritmo. Questo, che nasce recluso, è pensiero nostro. E non può certo essere un pensiero unico, perché rispettiamo le diversità di ciascuno. Un pensiero fatto di tanti pensieri, in accordo e in disaccordo. Il testo “È mio diritto” nasce nel Laboratorio Artiviamoci della Casa di Reclusione di San Michele in Alessandria. Qui pratichiamo il disegno, la pittura, l’incisione, la scultura plastica, la scrittura. Questo testo ci è stato proposto dal nostro maestro di bottega, Pietro Sacchi. Lo abbiamo discusso a lungo, condiviso nella sostanza. Non tutto e non tutti. I sogni hanno un loro sinonimo anche nella parola illusioni. Soprattutto quando le squille di guerra chiamano a raccolta. Tuttavia “È mio diritto” non parla mai al plurale, parla di sé e di ciascuno. Dell’intima libertà di scegliere, che esiste sempre, anche nelle situazioni più estreme,
quando si è realmente soli. Il vero coraggio è accettarne il prezzo. Le giovani generazioni, del cui disagio psicologico si è tanto parlato durante e dopo il covid, si trovano oggi da sole a considerare la prospettiva del fronte. Questo testo è dedicato a loro.

Foto di Luis Quintero

È MIO DIRITTO
Affermo il mio individuale diritto
di non uccidere.
È una facoltà e una scelta
che posso personalmente assumere
di fronte alla legge.
Nulla a che vedere
con il divieto di uccidere,
in tutte le sue variabili,
che la legge punisce,
che lo stato di guerra infine
capovolge nel dovere di uccidere.
Affermo il mio diritto
a non essere arruolato
nelle campagne di odio.
Carnefice, affermo il mio diritto
a essere vittima.
La vita stessa ci conduce al crinale
oltre il quale si diventa rei.
Le motivazioni non contano,
non stiamo calcolando attenuanti.
Carnefice e vittima
nessuna consolazione.
Fuggo la beatitudine del martirio.
Il martirio è rinuncia alla vita,
agli affetti dati e ricevuti
che sono la dote dell’uomo,
la sua qualità più comune.
Non c’è altro modo di negare la violenza
che espellerla dai propri atti.
Violenza e guerra
sono addestramento e dottrina.
Possono essere ripudiati.
Ci sono diritti concessi e conquistati.
Ci sono diritti affermati in coscienza
e realizzati in comportamenti coerenti.
Si può violare la legge uccidendo.
Si può violare la legge non uccidendo.
È legge dello stato quella
che detta l’ordine
di uccidere uomini uguali
per difendere stati diversi.
Nella migliore delle ipotesi
chi vìola la legge
viene privato della libertà.
Nella prigione i passi del detenuto
si fermano al limitare del muro.
La mente e l’anima vanno oltre.
Volendo, saranno libere, sempre.
Stessa opportunità per le persone
al di qua e al di là delle sbarre.
È la nostra volontà a farci liberi,
nonostante la sproporzione delle forze
e l’ambizione del potere
sugli uomini e sulle cose.
Il potere è una belva cieca
insofferente ad ogni limite, legge, vincolo
Il diritto umanitario è universale,
è un limite vincolante,
una legge sopranazionale.
La produzione, la detenzione
e la minaccia di uso delle armi nucleari
sono fuori legge.
Nessuno può curare le vittime
di un conflitto nucleare.
Lo stato che le detiene
è uno stato non legittimato.
Le società che lo accettano
non possono legittimarlo.
Uomini di legge rammentate:
quello umanitario è un diritto superiore.
È il diritto stesso alla vita.
Ne ho piena paradossale coscienza.
Perché amo la vita in ogni sua forma.
Perché amo questa mia stessa
vita ristretta.
Affermo il mio personale diritto
di non uccidere.
È una facoltà e una scelta
che posso individualmente assumere
di fronte alla legge.
Anche se sono privato
della libertà di movimento
posso pensare, immaginare,
creare opere d’arte.
Dall’interno della casa che mi reclude
e della mia quotidiana pena
non sono più carnefice
sono persona, sono uomo.
Liberamente posso dire
che è una colpa decidere
che uomini giudicati colpevoli
debbano essere costretti in una gabbia
per affermare un diritto
senza affrancamento.
Da questa mia gabbia grido a voi
il mio personale diritto di non uccidere.
E invito voi tutti a rifletterci, inviandovi
pensieri, sogni, opere d’arte.


Casa di Reclusione San Michele Alessandria
Laboratorio Artiviamoci