Quella Carovana, di qua e di là dal mare di Luciana Bertinato
3 Aprile 2019
Come si costruisce la pace? Da quali azioni, soggetti, fondi, progetti cominciare? Domande importanti quanto difficili di fronte alle quali i rischi di astrattezza o di impotenza sono alti. Eppure ci sono percorsi che costruiscono in pochi giorni ponti impensabili tra paesi lontani, coinvolgono bambini e bambine con il linguaggio dell’empatia che solo giocattolai e maestre conoscono, seminano pace perfino in territori feriti da guerre civili e genocidi. La straordinaria storia della Carovana dei pacifici, che non smette di girare per le scuole di tutta Italia, ha fatto tappa anche in Ruanda
“Per educare un bambino occorre un intero villaggio”
Proverbio africano
Ndera è un villaggio collinare a trenta chilometri da Kigali, capitale del Ruanda, nella fascia equatoriale dell’Africa orientale. È mattina, il sole illumina la terra rossa e fa brillare il verde delle foglie di palma, quando i piccoli Musa, Kassy, Grazy, Emanuel, Fisi, Leopons e Carithè si stringono felici intorno a Marica D’Amico, volontaria dell’associazione Anymore. La giovane cooperante è ritornata qui, nel gennaio scorso, con un’idea chiara in testa: far conoscere ai bambini e alle bambine la Carovana dei Pacifici, le truppette ideate dal giocattolaio Roberto Papetti che stanno facendo il giro del mondo e ora, per la prima volta, camminano a piedi nudi nel cuore del continente africano.
In questo villaggio di pastori e contadini l’atmosfera è gioiosa e le persone profumano di semplicità. Marica presenta il percorso di riflessione sulla pace in modo semplice, parla di rispetto, amore e fratellanza verso tutti: “Noi abitiamo in paesi differenti, parliamo lingue differenti. A voi piace il riso, a me la pasta… ma siamo amici da tanti anni, ci vogliamo bene e ogni volta è una festa quando ci si rivede, una tristezza quando ci si lascia”. Come i suoi amici volontari, è consapevole che costruire la pace non è facile, soprattutto in questa terra che ha conosciuto la guerra civile e, tra aprile e luglio del 1994, il terribile genocidio di quasi un milione di persone di etnia Tutsi. Un’intera generazione è stata cancellata dall’odio e ora vive soltanto nel ricordo e nelle profonde ferite presenti in ogni famiglia. Ma Marica sa anche che i bambini sono la speranza del mondo, che l’Africa racchiude in sé tutti i colori della vita e che la bellezza risiede nella diversità. Per questo motivo ha scelto di collaborare nella onlus messinese, costituitasi nel 2009 con l’obiettivo di promuovere i diritti umani, contrastare le varie forme di razzismo, dare giusto spessore a importanti valori di pace, giustizia e uguaglianza.
Ed eccoli i pacifici ruandesi, seduti sui banchi di legno della scuola e sulla strada, scambiarsi parole di pace in inglese e in kinyarwanda, la lingua locale, ritagliare e colorare le sagome di carta, comunicando, soprattutto, attraverso il linguaggio universale dell’empatia fatto di sorrisi accoglienti e gesti gentili.
Oggi il Ruanda è finalmente un paese in pace, non ci sono guerre in corso e vi si respira aria di rinascita e voglia di crescere. I bambini frequentano le scuole governative e religiose in classi numerose, vivono sulla strada, giocano, cantano, danzano liberi come l’aria, corrono veloci come le gazzelle. Grazie all’impegno dei giovani di Anymore un seme di speranza è stato gettato, altri troveranno dimora tra qualche settimana anche nel campo profughi di Galkayo in Somalia, come ci scrive Cinzia Andreoni, presidente dell’associazione Under the same skyscuola.
Piccoli pacifici crescono di qua e di là dal mare, piccoli sotto i grandi baobab, curiosi e affamati di mais e conoscenza, danzanti come quando salutano l’arrivo della stagione delle piogge.